Nuove decisioni delle Corti su Facebook

Nuove decisioni delle Corti su Facebook

Facebook mantiene vivo l’interesse della giurisprudenza per le diverse controversie che possono coinvolgere gli utenti che usano il diffusissimo social network. In questa sede si presentano i casi recenti più interessanti, nazionali e comparati.

La giurisprudenza nazionale e comparata in materia di Facebook mantiene un costante interesse sia per la varietà delle fattispecie sottoposte ai giudici, sia per l’impatto che l’utilizzo del social network ha sulla vita dei consociati. Ad esempio, una delle attività più diffuse e amate svolte attraverso Facebook è la condivisione di foto con gli amici. Ciò può prospettare questioni di corretta attribuzione del diritto morale e patrimoniale d’autore.

A questo proposito, la sezione specializzata del Tribunale di Milano ha affermato che l’uso non consentito, su un sito Internet e su facebook, di una fotografia altrui che presenta l’indicazione delle generalità dell’autore del regime giuridico di circolazione da applicare (creative Commons) dà luogo al risarcimento del danno, che – ricorrendone le condizioni – può essere chiesto anche a mezzo del procedimento disciplinato dal Regolamento (CE) n. 861/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, per le controversie di modesta entità, art. 7.

In un caso relativo all’applicazione disciplinari sul luogo di lavoro, il T.A.R. Lombardia con l’ordinanza 3 marzo 2016, n. 246 ha escluso la sussistenza del fumus boni iuris ai fini della sospensione dell’efficacia della sanzione della sospensione dal servizio, della durata di un mese, che sia stata irrogata al dipendente dell’amministrazione penitenziaria per aver aggiunto il commento “mi piace” ad una notizia pubblicata su un sito Facebook dalla quale possa derivare un danno all’amministrazione, sebbene la notizia avesse un contenuto complesso.

In Francia, a seguito di un procedimento disciplinare a carico di un avvocato sul quale è stata chiamata a pronunciarsi, la Cour de Cassation ha condiviso la decisione della Corte di merito secondo cui l’amicizia data su Facebook designa le persone che accettano di entrare in contatto nella rete sociale, ma tale amicizia non è equiparabile nel senso tradizionale del termine e che l’esistenza di contatti tra persone differenti attraverso questo intermediario non è caratterizzato da significati particolari: il social network semplicemente è un  mezzo di comunicazione specifico tra persone che condividono centri di interessi, nel caso in esame la stessa professione.

In Irlanda del Nord, la Queen’s Bench Division della High Court of Justice in Northern Ireland ha trattato un caso di “revenge porn” effettuato via Facebook. Il “revenge porn” è una locuzione in lingua inglese che indica la pubblicazione sui social network o Internet di fotografie o video personali che riprendono situazioni intime diffuse senza il consenso delle persone coinvolte allo scopo di vendicarsi di un rifiuto, di cyberbullismo e similari.

Il caso in esame riguarda una 14enne che ha agito contro Facebook al fine di otterenere il risarcimento del danno per violazione della riservatezza, colpa e violazione del Data Protection Act. Parte attrice ha affermato che una sua foto che la ritraeva nuda, ottenuta con estorsione, è apparsa sulle loro pagine in diverse occasioni. Altresì la ricorrente ha agito contro l’uomo che ha postato la foto quale forma di “revenge porn”. Nonostante l’opposizione, il giudice ha ordinato a Facebook di sospendere gli account diffusivi delle immagini e al contempo di conservarle come prova a fini penali.

In Australia, i membri di una comunità locale si sono accordati che in caso di diffamazioni o scortesie l’autore sia obbligato a scusarsi pubblicamente attraverso la pagina Facebook della comunità entro sette giorni dall’evento offensivo. Tuttavia ciò non ha escluso il sorgere di ulteriore contenzioso. Infatti, la controversia trattata dalla Court of Appeal del Nuovo Galles del Sud riguarda le modalità di pubblicazione delle scuse, cioè se esse siano state rispettose delle clausole previste dall’accordo comunitario. I giudici hanno risolto la questione applicando le norme del codice di procedura civile in materia di giuramento.

In Sud Africa, la North Gauteng High Court di Pretoria ha riconosciuto il risarcimento del danno per lesione d’immagine e diffamazione in una vertenza tra due soggetti nata per questioni di vicinato che si è poi trasferita su Facebook con pesanti insulti e accuse infamanti. Tale vicenda ha costretto l’attore a trasferirsi altrove. La Corte ha accolto la richiesta di risarcimento del danno per violazione della reputazione e della dignità della parte attrice ordinando il pagamento di 350.000 Rand Sudafricani (circa 24 mila euro) entro 14 giorni dall’emanazione della decisione.

In Canada, lo Human Rights Tribunale of Ontario ha autorizzato una parte a “notificare” un atto processuale di causa alla controparte attraverso Facebook poiché il convenuto risultava essere sconosciuto all’indirizzo di abitazione dichiarato. Senza ulteriori notizie su quale fosse il suo nuovo indirizzo, il giudice ha deciso di fare riferimento al profilo Facebook del destinatario dell’atto.A cura della Redazione Wolters Kluwer, Quotidiano Giuridico

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