28 Ott L’arte del Dono
Si dice che sia più bello donare che ricevere. Quale motivo ci può essere dietro a questa affermazione che molti sentono vera? In fondo è un controsenso: dando ci si impoverisce e ricevendo ci si arricchisce. Analizziamo. Se regalo qualcosa a qualcuno, prima devo pensare sia all’oggetto che al destinatario. Di solito questo è un momento molto gratificante, pieno di aspettative. Forse penso alla sorpresa che farò e a quanto quella persona sarà felice e magari mi sarà grata per aver avuto questo pensiero.
Quindi la sua felicità e la sua gratitudine saranno ricompensa per me.
Mettiamoci ora dall’altra parte: se ricevo un dono, la sorpresa mi destabilizza un pochino, un piccolo malessere – essere colta di sorpresa – speriamo compensato dalla gradevolezza del dono. Può anche essere che questa sorpresa non sia graditissima: l’oggetto non è quello che desideravo e quindi resto delusa. E qui entrano in gioco molti altri fattori quali la relazione che magari non voglio perdere e quindi nascondo la delusione.
Al contrario, potrebbe essere qualcosa che è molto al di sopra delle aspettative e quindi ci saranno imbarazzo, obbligo di ricambiare. E ancora, chi riceve un regalo impegnativo da una persona con la quale non vuole stringere la relazione, deve affrontare l’ambivalenza di gratitudine mista a repulsione. Quel dono è un’imposizione.
I regali esagerati possono nascondere un qualche senso di colpa del donatore: un genitore assente, un coniuge non proprio fedele…. Altre volte la colpa è inconscia e la persona è indotta ad essere eccessivamente gentile in modo tale da controbilanciare tutta l’aggressività che prova per il destinatario del dono.
Naturalmente quest’ultimo l’aggressività la sente tutta, solo che non riesce a spiegare né a sé né agli altri la ragione.
Ogni dono ha la sua politica, cioè fa cose che sono al di là dell’oggetto o del favore concreti. Certi doni sono un atto di accusa, certi sono una richiesta di accoglienza, altri sono la creazione di un debito, altri ancora sono un’umiliazione (per l’uno o per l’altro); certi doni sono stati troppo attesi per essere apprezzati, certi regali sono un dovere.
Freud aveva individuato le insidie del dono. In quanto atto che cambia il tipo di relazione tra due persone, istituì come regola per gli analisti di non accettare doni dai loro pazienti proprio per mantenere la loro relazione libera da rituali/obblighi di cortesia e da sovraccarichi inconsci che vengano immessi nella relazione che deve, invece, essere e rimanere terapeutica.
Fare regali è, dunque, un’arte, e forse anche riceverli. Accettare un regalo è un gesto di apertura e di fiducia. È una disponibilità a mantenere la relazione nel tempo con l’idea che il sentimento che intercorre sia maggiore delle parole e degli atti quotidiani.
Per i regali ai bambini, è molto bello che i genitori si rivolgano alla mediazione di Babbo Natale: i bambini gli confidano i loro desideri sapendo però che lui esaudirà la richiesta solo se terranno una buona condotta. Con questo escamotage il regalo non è veicolo di conflitto fra genitori e figli e consente al bambino di introiettare la regola: inibire i comportamenti inaccettabili e essere responsabile delle proprie azioni (conquiste psicologiche non trascurabili).
In più, quando il regalo arriva, la gioia è condivisa coi genitori senza senso di debito…. e con un pizzico di magia. Molto ingegnoso!