Danno Cagionato da Animali

Danno Cagionato da Animali

Se accarezzi un cane e ti morde non sempre hai diritto al risarcimento.

Il Tribunale di Ascoli, con sentenza del 24 ottobre 2016, a fronte di un danno causato da un morso di cane, dichiara che il sinistro è dovuto a responsabilità esclusiva del danneggiato, che aveva imprudentemente cercato di accarezzare un cane legato ed innervosito.

La sentenza in commento applica, in maniera inappuntabile, l’art. 2052 c.c. (danno cagionato da animali), secondo cui “Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”.
La ratio di questa norma è abbastanza chiara: il proprietario di un animale, utilizzato per compagnia piuttosto che per lavoro, trae dal possesso i possibili commoda e, quindi, per converso, deve subire gli incommoda che possono derivare dal comportamento dell’animale.

Il 2052 riguarda non soltanto il proprietario, ma chiunque abbia un rapporto immediato e diretto con l’animale; può applicarsi, ad esempio, anche ad un allevamento o ad uno zoo, mentre per consolidata giurisprudenza non è applicabile alla fauna selvatica o agli animali ospitati in un parco naturale, ove la fauna deve essere certamente sorvegliata, ma, al tempo stesso, lasciata libera e tutelata nella propria libertà.

Il 2052 c.c. è stato, quindi, pensato per i casi in cui un animale, che dovrebbe essere sotto il controllo costante del proprietario, o di colui che ne usufruisce, causa danni a cose o persone.

Nella fattispecie, dall’istruttoria era emerso che il cane era legato, o, meglio, rinchiuso in un serraglio. Il danneggiato è un elettrauto, che si era recato presso l’abitazione del cliente per un problema all’autovettura di quest’ultimo. Il cane, vedendolo entrare, aveva preso ad abbaiare furiosamente; l’uomo, forse per calmarlo, aveva avuto la cattiva idea di mettere una mano tra le sbarre, ricevendo un morso. Lo sfortunato elettrauto aveva dovuto sottoporsi a diversi interventi per ripristinare la funzionalità della mano, riportando, comunque, esiti invalidanti permanenti.

Il danneggiato aveva, pertanto, chiesto al padrone del cane il risarcimento dei danni subiti, invocando l’art. 2052 c.c..
Il Tribunale concorda con tale inquadramento: la sentenza precisa come la norma menzionata preveda una vera e propria responsabilità oggettiva a carico del proprietario dell’animale: “Si tratta di una responsabilità presunta che non è fondata sulla colpa, ma sul rapporto di fatto con l’animale”.

Al contempo, sottolinea anche un altro punto rilevante: “La norma… esclude tale responsabilità ove il proprietario dia prova del caso fortuito, che può essere costituito anche dal fatto colposo del danneggiato”.

La responsabilità del proprietario è indiscutibile: il danno è stato causato dall’animale, il nesso causale non può essere contestato, e l’elemento soggettivo non ha nessun rilievo. Pertanto, gli elementi costitutivi della responsabilità configurata dalla norma ci sono tutti.
Al contempo, però, la condotta gravemente imprudente del danneggiato è, secondo il Tribunale, idonea ad integrare il caso fortuito, che manda esente da responsabilità il proprietario dell’animale.

Infatti, al momento dell’evento, il cane si trovava all’interno di un recinto di ferro, sul cui cancello era apposto il regolamentare cartello “attenti al cane”. Di conseguenza, l’aggressione aveva potuto verificarsi solo perchè l’infortunato aveva messo, senza alcun motivo, la propria mano all’interno del recinto. Secondo il Tribunale, la condotta della vittima integra il caso fortuito perché “caratterizzata da imprudenza … nell’avvicinarsi, senza alcuna reale necessità, ad un animale a lui sconosciuto che stava oltre tutto manifestando, abbaiando, segni di nervosismo aggressivo contro il visitatore. L’animale e la vittima, in sostanza, sono venuti in contatto per volontà di quest’ultima e non per l’aggressione improvvisa del cane”.

La conclusione pare del tutto condivisibile; meno comprensibile, invece, la compensazione delle spese di causa.
Come in tutte le ipotesi di responsabilità oggettiva previste dal nostro codice, anche con il 2052 il danneggiato deve provare soltanto gli elementi oggettivi della fattispecie: il danno, il comportamento dell’animale, ed il nesso causale. La particolarità, se vogliamo, di questa norma è che il proprietario risponde non in base ad un proprio comportamento o ad una qualche attività da lui compiuta, ma sulla base della mera relazione (di proprietà o di uso) intercorrente fra lui e l’animale, di cui è, a tutti gli effetti, il custode. Nemmeno dimostrare di aver attuato tutte le misure richieste dall’ordinaria diligenza è sufficiente per andare esente da responsabilità.

L’unica prova liberatoria possibile per il proprietario è quella del caso fortuito, che ben può essere integrato da una condotta gravemente imprudente dello stesso danneggiato, tale da assurgere a causa esclusiva del danno. Nel caso di specie, in buona sostanza, il Tribunale è arrivato alla conclusione che il danneggiato sia andato senza alcuna necessità a mettersi in una situazione pericolosa, e ne abbia pagato le conseguenze.

In un caso abbastanza simile, invece, la Cassazione era arrivata a conclusioni opposte: l’animale si trovava, in tale fattispecie, all’interno di un giardino chiuso da un cancello, su cui spiccava il cartello “attenti al cane”. Una bambina di tre anni aveva aperto il cancello ed era stata aggredita. In quel caso, i giudici avevano ritenuto che le cautele approntate dal proprietario fossero del tutto insufficienti, se una bambina di tre anni aveva potuto agevolmente superarle; né la condotta del danneggiato era stata considerata rilevante sotto il profilo del fortuito.

In conclusione, la norma che abbiamo esaminato delinea una delle ipotesi di responsabilità più severe dell’intero codice. Soltanto un caso eccezionale, o l’imprudenza del danneggiato, possono vincere la presunzione di responsabilità.
Tribunale di Ascoli Piceno, sentenza 24 ottobre 2016, n. 1102. A cura della Redazione Wolters Kluwer, Quotidiano Giuridico

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