A gh è Pisòun e Pisòun A gh è Pisòun e Pisòun

A gh è Pisòun e Pisòun A gh è Pisòun e Pisòun

Un pisòun è di certo un volatile, ma un pisòun è anche un bimbo di certa età che se la fa ancora addosso, un piscione. Simpatico il doppio doppio senso: a gh è un pisòun dedrèe a ‘na

culòuna. C’è un piccione dietro a una colonna, ma anche c’è un piscione dietro a una culona.

Quando uno dimentica di chiudersi i pantaloni davanti si può dire che un al gh à la butèega avèerta. Òocio che te gh è la butèega avèerta, ch a voola via l uṡlèin! Attento che hai la bottega aperta che vola via l’uccellino!
Una volta la fèssa era chiusa cun di ptòun (bottoni), oggi quasi sempre con la cerniera, parte i Levi’s 501, che si è ostinato a usare il vecchio metodo di serraggio.
C’è anche il proverbio: gàabia avèerta, uṡèel mòort! Gabbia aperta, uccello morto!

Dopo aver pisciato è d’uso per i maschietti ferèegh un scuasèin; cioè bisogna sgrullare il pisello per farlo sgocciolare ed evitare di bagnare gli indumenti con tutte le spiacevoli conseguenze del caso. L’operazione può essere un’arte che si affina col tempo; un’abilità che di solito si tiene riservata e condivisa al massimo con pochi amici intimi.
Tua moglie fingerà di non accorgersene, salvo brontolare: “Mò èela mai pusibìil te n gh a chèev mia a fèerla dèinter? (Ma è mai possibile che tu non riesca a farla dentro.”
Attenzione però che un’antica regola della tradizione non scritta avverte che non si possono effettuare più èd trìi scuasèin, altrimenti si entra in altri campi che potrebbero portare a precoci cecità.

Sèee … va più fòort al tréeno o pissa più luntàan un caan? : va più forte il treno o piscia più lontano un cane? Una formula disorientante e liberatoria del nostro dialetto che si pronuncia in presenza di domande la cui risposta è difficilissima e che consente al contempo di mandare alla malora lo scomodo e pedante interlocutore.

Còorp saan al pissa cóome un caan: un corpo sano piscia come un cane. Dunque tantissimo. Saggezza popolare.
L è antìigh cóome al pisèer a maan!: è antico come il pisciare a mano! Un detto che si richiama ad antichi usi mai dimessi. Si colloca fra natura e cultura, tra l’autonomia impellente del corpo maschile e il libero arbitrio nel comportamento. Indica una persona, una cosa o una situazione non all’altezza del momento, fuori moda, pur tuttavia … più che necessaria. Esiste anche nel modo semplificato: l è antìigh cóome la pissa!

Pèr capìir a capìss, l è quàand a piss ch a rabìss: per capire capisco, è quando “pissio che rabisco” (soffro). Modo di dire scherzoso e con rime spinte che portano al sorriso, anche se si riferiscono fastidiosi disturbi alla prostata o a calcoli. La frase si usa per evidenziare che una certa situazione si è ben compresa, ma che i veri problemi originano da cose ben diverse da quelle di cui si sta parlando.

Currer ind al sabiòun, ciacarèer cun i caiòun, pisèer còuntra vèint, i iin trii lavóor da deficìint: correre sulla sabbia, parlare coi sempliciotti e pisciare contro vento, sono tre azione da sciocchi. Azioni che portano solo danni e perdite di tempo: in genere la frase viene pronunciata per evidenziare spiacevoli episodi della seconda specie elencata.

Al s gh arviiṡa ind al pisèer: gli assomiglia quando piscia, ovvero non lo ricorda per nulla.

Al póol pisèer a lèet e diir ch l à sudèe: può pisciare a letto e dire che ha sudato; dicesi di persona che con la propria posizione rilevante e coi soldi compra tutto, anche il giudizio benevole della gente servile e prona per fatti normalmente sconvenienti; con questa alchimia monetaria si trasforma la percezione della realtà delle cose.

Al va giùsst giùsst bèin pèr pisèer: va giusto bene per ori¬nare; presa in giro che gli uomini si scambiano vicendevol¬mente, alludendo ad una presunta impotenza.

Insgnèer a pisèer seinsa alvèer la gaamba: insegnare a pisciare senza alzare la gamba. Significa trasmettere la propria esperienza di vita a qualcuno, in modo che impari a superare gli ostacoli e le avversità e a… stare al mondo.

T è pissèe fóora (dal bucalèin, dl urinèel); l’hai fatta fuori dal vaso, nel senso che ti sei sbagliato, non ha centrato la valutazione di una certa cosa, hai preso una decisione completamente sbagliata.
Al bambusèet (sprovveduto) di turno ha commesso un errore marchiano, ha preso un abbaglio o ha parlato a sproposito.
Con uguale significato, ma anche in senso di ammonimento e di velata minaccia: Guèerda che t èe pistèe ’nà mèerda!!
Chi n pissa in cumpagnìa o l è un lèeder o ’na spìa: chi non piscia in compagnia è un ladro e una spia. Un detto anche nazionale che si usa di solito fra ragazzi maschi, quando si è fuori in allegra brigata allo scopo di fare squadra e per vincere al timidezza dei più riservati.
La pasiinsia l’è cóome la pissa, quàand la scaapa… la scaapa: la pazienza è come la pipì, quando scappa…

A piss e s a vèggn: piscio e poi vengo. Arrivo a mio comodo, quando mi pare. Non fatemi fretta, sarebbe inutile, devo fare prima le mie cose.

La n tiin gnaanch la pissa!: dicesi di persona che non sa tenere il minimo segreto. Saputa una cosa … la spiffera e la riferisce subito a chicchessia, senza la minima prudenza e senza considerate le possibili conseguenze negative del suo dire. Nel Lazio si dice, per esprimere lo stesso concetto, la simpatica frase: non tiene un cece in bocca! … riferito a chi parla troppo e non è riservato.

Mò tèeṡ tè, te nn èe gnaanch catèe un caan ch al t pissa ind la stanèela!: ma taci tu che non hai trovato neanche un cane di pisci sulla veste! Quando si discute con una ragazza nubile e molto pretenziosa, che non è ancora riuscita a trovare marito.

Stanèela e caan

A cuul (d) pisòun – a culo di piccione, per significare che qualcosa (di qualsiasi genere o natura) arriva gratis o senza il minimo sforzo una cosa molto vantaggiosa e per di più in grande abbondanza.

Al pisalèet – tarassaco
C’è poi in primavera un fiore giallo che poi si trasforma in una leggera e trasparente palla di semini volanti… al pisalèet. Si tratta del tarassaco pianta officinale che confezionato in apposite tisane ha effetti diuretici.

Al pisafóogh è invece il nome della lucciola; tale definizione deriva la fioca entità dell’emissione, tant’è che quando in casa una volta per miseria o per micragna (arpisìim = deliziosa parola in dialetto inventata da mia madre per prendere in giro mio padre e la sua tirata famiglia di origine – significa l’essere un’arpia nel senso di avaro, ‘na pèela rabìida) si usavano dal pirètti (lampadine chiamate così per la loro classica forma a pera) da 15 watt, il commento che si poteva sentire era: “Mò cus èel cal pisafóogh, ch a n vèed gnìinta! Ma cos’è questa poca luce che non si vede niente!”


Mauro D’Orazi
Esperto in Dialetto Carpigiano